Hidden Valley Road, Robert Kolker
Hidden Valley Road – Nella mente di una famiglia americana, Robert Kolker
Feltrinelli editore – Traduzione di Silvia Rota Sperti
56/22 – Novembre
Quando avevo appena iniziato questo libro, un collega ignaro mi ha chiesto “cosa leggi?”. La mia risposta (“una trattazione sulla schizofrenia nell’America degli anni Settanta”) ha ottenuto di rimando un silenzio tra il perplesso e l’allarmato. E ammetto di averci un po’ giocato: una verità abbastanza assurda da bollarti come “strano” nel migliore dei casi.
Però.
Però c’è che questo libro mi ha stupito.
Pensavo di trovarci qualcosa di intellettualmente stimolante, anche un po’ inquietante, ma lontanissimo. Come se non bastassero dodici figli, qui ne abbiamo un buon tre quarti malati psichiatrici. Kolker poi la prende (giustamente) alla larga, partendo due generazioni prima e battendo la strada della psichiatria sin dai suoi esordi: fotografie, genealogia, dati di laboratorio – tutto faceva presagire una trattazione
scientifica. Hidden Valley Road, però, non è solo questo. È un’immersione in domande e paure che travalicano le
categorie dei “sani” e dei malati, così come le coordinate temporali; è un tirare le fila senza necessariamente pretendere di avere in mano risposte, bensì un nucleo di domande fondanti che rimangono più attuali che mai.
Privo di retorica o di pietismo, libero da ideologismi fuori luogo, il saggio-romanzo di Kolker sembra voler rimuovere le mistificazioni e lo stigma che avvolgono il mondo della malattia mentale allontanandolo da quello dei presunti “sani”, abbandonandolo alla meccanica della chimica organica e alla ripetitività dei trattamenti, e aprire piuttosto al più moderno concetto di neurodiversità.
Che legame c’è, dopotutto, tra malattia, cura e progresso, se per certi versi continuerà a sembrare una giostra che gira in tondo? Se le paure e gli errori dei genitori ricadono sui figli, ma se lo fanno anche il loro sollievo, il loro riscatto – quasi la loro redenzione?
“Siamo più dei nostri geni. Siamo il prodotto delle persone che ci circondano – le persone con cui siamo costretti a crescere e quelle con cui scegliamo di passare la vita. I rapporti che abbiamo possono distruggerci, ma possono anche cambiarci, o guarirci. E, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, ci definiscono.”
La schizofrenia è, etimologicamente, una scissione. Ma non tra più personalità. Non tra piani temporali. È una dissociazione tra vita interiore e vita esteriore, una difficoltà a distinguere il reale e qualcosa che ci costruiamo intorno, in maniera più o meno allucinatoria. Noi “sani” forse la chiameremmo “la bolla”. Non c’è niente di male in una bolla, no? Nella nostra versione della realtà? Immaginare di percepirla costantemente sotto attacco –
un “tutti contro tutti” di dimensioni epocali – è estenuante, come lo è non avere certezze, se non quella della possibilità di ammalarsi. Se non il dubbio di avere una responsabilità, un debito o, peggio ancora, una bomba a orologeria saldata tra le ossa del cranio.
Le considerazioni attraverso cui passa Kolker, stimoli destinati a lasciare un’impronta a lungo termine, sono tutto fuorché lontane da noi: a costruirsi una propria narrazione – un nuovo nome – sono i fratelli sani, forse in maniera meno esplosiva ma più radicale. Una strategia di reazione al trauma (qualcuno più ferrato di me potrebbe parlare di meccanismi di coping, ma io mi limito a scandalizzare i colleghi, quindi non faccio testo). Un tentativo di compartimentalizzare il dolore suscitato da una sensibilità esasperata, un pulsante sempre acceso – uno stimolo
codificabile prima secondo la chimica, poi secondo la fisica degli impulsi elettrici, infine attraverso l’analisi oppure proprio per niente. Kolker non dispensa risposte, ma alla fine anzi torna prepotente quella citazione iniziale da brividi, e non ha nulla a che fare con la schizofrenia: il miglior modo di dare prova di resistenza è stare in una famiglia. O provarci.
Non oso immaginare come ci sarebbe rimasto allora il tuo collega se avesse saputo che a me questo testo è stato regalato per il compleanno, e su mia esplicita richiesta dato che lo avevo inserito in una piccola wishlist :) Se i miei programmi non cambiano conto di leggerlo a breve, felice di sapere che all'occorrenza potrò confrontarmi con te.
RispondiEliminaPensa, anche per me era una esplicita richiesta! :)
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