Nove Racconti, J. D. Salinger

Nove Racconti – J. D. Salinger
Einaudi Editore – Traduzione Carlo Fruttero
34/22 – Maggio

The kids aren't alright, si legge in cima a una pagina di appunti e anche a un file che non apro da un paio d'anni. Di certo gli Offspring c'entrano quasi zero con la New York sotto ghiaccio di Salinger, però non mi sembrano così lontani da quella rivolta insensata e splendente che, da Franny a Holden, mi viene facile ritrovare ogni volta che prendo un volume dal cofanetto Einaudi.

Ne manca solo uno, e forse per questo mi preparo al distacco coltivando nostalgie non mie.

Ne manca solo uno, e siccome la prima volta ci ho messo un po' a riconoscerlo e a riconoscermi, adesso ci vado piano. Ho impiegato un anno e mezzo a capire cosa ci fosse di tanto "mio" in Holden e dove lo avessi intuito e già infilato, e tutto il tempo da allora a adesso perché questo si leggesse almeno un pochino quando ne parlo, anche se lo faccio con la gelosia delle letture che credi possano scrollare solo te con quella forza.

No, non è presunzione. È il crudele, innocentissimo egocentrismo dei ragazzini. È la mia Emma che riesce a sembrare insopportabile, sì. È nell'atteggiamento scostante e pure un po' irritante di Robb. È l'egoismo che non mi sono mai concessa di avere. È la stupida speranza e l'ancor più stupido terrore di essere letta.

“Era una storia che aveva tendenza a traboccare da tutte le parti, eppure restava essenzialmente portatile. Te la potevi sempre trascinare a casa e rifletterci su stando comodamente seduto, diciamo, nella vasca da bagno.” 

Salinger scrive al centimetro cubo: a densità concentrata e di cose che altrimenti rimarrebbero sconosciute solo perché nessuno ha la pazienza di guardarle. Le anatre d’inverno. Le bucce d’arancia che galleggiano tra le onde. Scrive con amore e squallore, con una strana e bellissima asprezza. E lo fa come chi sa che inventare storie è un potere tremendo, ché le storie rischiano di morire, anche, quando smettiamo di aspettare e di aspettarle.

Forse è nell’anima del racconto stesso, nelle battute condensate – quasi sempre dialoghi di un’elettricità inconfondibile – e nel preludio del distacco che li rende già mancanza, un lampo di comprensione e poi neve fresca da battere, o barche che spariscono all’orizzonte. O forse è proprio perché è questo che ha da dire, ritrarre e non ritrarsi, liberare e liberarsi anche se correre lontano da casa è pericoloso, e poi offrire un alleato. Un adulto capace di chinarsi su un pontile o di girarsi all’indietro dal sedile di guida. Bisogna farsi riconoscere, avere la pazienza e l’elasticità di piegarsi e rimpicciolire, di correre il rischio di spezzarsi, o forse anche solo una buona memoria.


“Non sono capaci di volerci bene così come siamo. Non sono capaci di volerci bene se non possono sempre cambiarci un poco. Amano le ragioni per le quali ci amano quasi quanto ci amano, e quasi sempre di più.”

Dei ragazzini spezzati – kids: interrupted, se mi passate una licenza – mi piace che si lascino toccare dalle cose dolci. Mi piace che si facciano convincere a tornare a casa di corsa, o a volte neanche per idea. Mi piace che credano alle storie, che passino in silenzio una sigaretta, che siano allenati a “incassare la disperazione” e lo facciano con la grazia di chi quasi non se ne accorge. Mi piace che si lamentino, che dicano parolacce tre volte per frase e che abbiano voglia di salire con le scarpe su una valigia per guardar fuori. Anche se galleggiano solo stupide bucce d’arancia su altrettanto stupide onde.

E poi mi piace pensare che non se lo dimenticheranno, loro. Che si volteranno a raccontare una storia che somiglia un po’ a quella in cui sono rimasti incastrati loro malgrado. Mi piace pensare che il motivo per cui Salinger mi affonda così tanto dentro è perché scrive dei quasi adulti che avrei voluto avere come alleata da ragazzina e dei ragazzini a cui avrei voluto avere il coraggio di assomigliare. Scrive delle cose che vorrei saper scrivere e di cui non mi passa mai, ma proprio mai, la voglia di leggere.

Scrive di ciò che vorrei si trovasse nei dialoghi di Robb ed Emma, ma questa è un'altra storia. E per ora è soprattutto mia. Magari un giorno ve li racconto.

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