Sabato, Ian McEwan

Sabato, Ian McEwan
Einaudi Editore – Traduzione S. Basso
29/22 – Aprile


Tutte le storie deragliano: se inizi a studiare come funziona la scrittura, bene o male, è una delle primissime lezioni. McEwan, invece, è un disastro aereo a pagina uno. Quasi avesse preso la regola alla lettera, la nasconde in primo piano, gioca in sordina per duecento pagine finché non ci convince di averci capito qualcosa – un equilibrio sull'orlo del conflitto che fa molto “Match Point” – e poi ci spiazza trasformandolo in “Arancia Meccanica” e sfiorando la tragedia classica quando meno ce lo aspettiamo.

Nessuna domenica contiene la stessa promessa né l'energia del giorno che la precede.”

Un sabato del villaggio che non vuole saperne di finire. Una realtà istintivamente familiare – quando può succedere di tutto, tutto conta. E l'energia compressa e rappresa, trattenuta in semiminime di impercettibili variazioni su un tema, si sprigiona inattesa nel rumore incessante di un mondo esterno che non lascia scampo. Il conflitto ha le sue scale e le sue armonie, in un certo senso. Conoscere la regola per piegarla, per abitare i risvolti dell'imprevisto, di un caos che si prende gioco, infine, anche dell'effimero, inganevole vantaggio della consapevolezza.

Testa e cuore. Nessuno si ritira illeso. Una frattura nel cranio, un livido al centro del petto. La costante è il conflitto, maschile singolare, padre e figlio – uno scontro che si gioca con l'eleganza solitaria dello squash, una competizione virile di strategia e piccoli vuoti delineati in mentalese, incomprensibili fuori dall'élite inconsciamente guerrafondaia che cerca continue conferme, persino nell'affacciarsi alla finestra.


Il caso, l'insonnia e le grandi città. “La Ballata di Adam Henry” mi ha ricordato quanto importante sia, oltremanica, l'idea di stabilire un precedente. Qui McEwan la declina in maniera un po' blues: variazioni su uno spartito noto, su una manciata di poesie imparate a memoria. La struttura di “Sabato” possiede un rigore e un equilibrio quasi ironici, in tanto sballottarci da un'inconsapevolezza all'altra, in tanto tumultuoso sentire umano – i rimpianti, le inadeguatezze, il senso di fallimento, l'angoscia del tempo che passa. Un deragliamento nel cielo, corpo e psiche regolati da alchimie fisiche e statistiche che non si piegano alla legge del più forte e neanche a quella del buonsenso – ti sei perso e ti viene da piangere, che tu sia padre o figlio. Intatti non si torna: la mia barchetta sventata non è che un aeroplano in caduta libera di cui nessuno si preoccuperà. Una variazione su un tema su cui, oggi come ieri, si litiga e si discute nello spazio tra Woody Allen e Stanley Kubrick.

Commenti

  1. Giusto o sbagliato che sia, ho sempre avuto la testardaggine di portare a termine ogni libro iniziato, anche quando non mi convinceva. Pennac non sarebbe d'accordo con me, ma io mi son sempre detta che una svolta poteva arrivare anche con l'ultima pagina e che in ogni caso era doveroso arrivare fino in fondo per potermi fare un'idea di cosa avevo letto, fosse anche negativa. Ecco, Sabato di McEwn è uno dei pochissimi libri che in vita mia ho abbandonato a metà, e quella prima metà era stata difficilissima da portare avanti. Forse è davvero troppo lontano dalle mie corde, dalla mia sensibilità; non ricordo molto - penso di averlo rimosso - se non che lo stavo trovando estenuante, nel senso noioso del termine. La penna chirurgica dell'autore poi mi arrivava come fredda, glaciale, e non mi suscitava nulla. Non sono mai più tornata in una sua opera. Leggere questo tuo post è uno di quei casi in cui pur trattandosi dello stesso libro, sembra di aver letto due cose diverse, e ciò mi affascina un sacco.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco sì. "Chirurgico" è un aggettivo perfetto per la capacità di McEwan di sezionare il reale e trarre dal minimo particolare qualcosa che mi sconvolge sempre profondamente. È anche freddo, lento, e mi rendo conto che questo possa allontanare, anzi spesso mi so o trovata a domandarmi cosa ci fosse nella sua scrittura, che spesso sovverte suggerimenti e diktat, che mi avvince sempre così profondamente. A volte fino a diventare quasi un malessere. È estenuante, davvero. Sarà che Espiazione mi ha inciso un marchio sul cuore e non ho intenzione di liberarmene: ho la sensazione che quello sì, forse non ti piacerebbe, ma ti farebbe arrabbiare moltissimo. Altro che freddo. Se mai volessi riprovarci, prova partendo da qui.

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

L'alba sulla mietitura: operazione nostalgia o ritorno di fiamma?

Intermezzo: i sad boys di Sally Rooney

Siamo tutti usciti da Delitto e Castigo, anche quando non lo sappiamo (soprattutto quando non lo sappiamo)