Dialoghi con Leucò, Cesare Pavese
Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò
Edizioni Adelphi
31/22 – Maggio
Promemoria da qui ai tempi a venire: non avere paura dei libri. Niente timori reverenziali, niente "ma non so niente dell'autore" "vedrai che non lo capisco". Niente. Basta.
Dialoghi con Leucò è il libro cui Pavese affida il suo ultimo saluto, quasi lo consegnasse alle onde dell'Egeo, ai cumuli e ai cirri che sfilano inquieti velando e svelando profili boscosi, confondendosi con il fumo che sale dai falò.
Acqua salata: onde, lacrime e amori maledetti, straziati, rimpianti. Farsi isola per resistere ai flutti – Saffo, Elena, Calipso, Penelope, Arianna. Leucò stessa, spuma bianca e azzurrina. Dalla costa risponde una ruvida spiritualità maschile che accende fuochi, forse anche per raggiungere il cielo. Come fosse un primo segnale: siamo uomini, continueremo a guardare in alto con una disperazione tenace, proporzionale a ciò che ci viene riversato addosso.
Una storia sanguigna – il destino è un filo che passa dalle dita alle lame delle Moire – si fa lacrime e seme, una scia imprendibile, per sempre riconoscibile. “Si tratta sempre di accettare un orizzonte”, se pur qualcuno lo ha dipinto per noi, di non ribellarsi, di lasciarsi inchiodare da questi dèi che nulla danno e nulla tolgono, solo chiamano destino ciò che noi rincorriamo in un anelito di voglia e di scelta.
“I desideri e l'inquietudine ti hanno fatta chi sei”, che suonerebbe come una frase che quasi mi tatuerei se dimenticassi che desiderare è lo stesso che precipitare, perché chi dà i nomi a volte li forgia in quell'amarezza e quel pianto, quasi li affidasse alle onde sperando nel miracolo del mito: ritrovarsi umani, gli stessi che non sopportano di riempire il poco tempo cui sono destinati di cose già scritte e già patite. Il bisogno di libertà come un arto fantasma, un dolore impossibile eppure, dopotutto, non ci frega la speranza di felicità, ci frega sentir parlare di vite libere e tremende.
"Questo non lo leggo. Mica lo capisco." A quindici anni me ne sarei innamorata. A trenta me ne sono innamorata iniziandolo in terra greca e leggendo le prime pagine librandomi su quello stesso mare. Se non è poesia questa.
Questo articolo è davvero bellissimo. Citerei i passaggi che ho preferito - tipo quello sulla frase che quasi ti saresti tatuata, se non... - ma mi limito a dire che ancora una volta è stato un viaggio leggerti, un viaggio di cui per una volta credo di conoscere il sapore, visto che come forse ricorderai amo molto la penna di Pavese. Dialoghi con Leuco<\i> non l'ho ancora letto, ma mi aspetto qualcosa di immenso. Sono felice che sia servito anche ad abbattere quel limite posto dal timore reverenziale verso certa letteratura, dalla paura di non essere in grado di capirla. Tralasciando che credo saresti in grado di capire qualunque testo ti ritrovi davanti, con la capacità e l'allenamento che hai a sviscerare i libri; ma confesso che è un limite che non mi sono mai posta: troppa passione, troppa curiosità anche verso cose più grandi di me. La letteratura è un mare da navigare a vele spiegate, senza paure.
RispondiEliminaNon solo mi vedi per (molto) migliore di come sono, ma mi lasci qui un suggerimento prezioso. La curiosità ha un potere straordinario: grazie per avermelo ricordato.
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